Raccolta poesie di:

Gabriella Garofalo


Indice della raccolta:


Rigetto terra. Anima. E' allora.
Luce. Segno di padre. Io sono grembo.
Finché potrò. Notte. Se madre.
 

Rigetto terra.

Rigetto, terra dove caddi
polvere che divorai a stridor di denti
quando di patto scellerato cielo e grembo
di forza mi resero al silenzio
ma se nemico è seme o ambiguo fuoco
io levi infine ad Anima e Parola,
che sole azzardano ribelli
ad infame parola di quel cielo.



Anima.
Anima, più non ti sia d’inciampo
assurda pretesa e tuo dissenno:
torni infine ramaglia ormai già secca
a verde fioritura che altri tempi
levò saziarti insieme a quel mio grembo
lascia che preda rendano all’inverno
non ergerti guerriera di possesso
se ti possiede luna di sua luce
più eterna e intensa
di così ambiguo verde.



E' allora.
E’ allora che nel tanfo nel fetore
innanzi a me ti levi
lurido corpo infetto piaga immonda
nei giorni che luna grembo e cielo
mi esigono a riscatto di un antico debito:
di astri discerpare il cielo di erba il prato
del grembo il desiderio
perché non gridi del corpo avida fame
così che possa ancora nutrirsi l’esistenza
più ancora di mia carne e di mio grembo
mai sazia di suo cibo,
insidia a inerme preda.



Luce.
Luce, perché non si levò tuo amore così intenso
da non gettarmi inerme
ad altra ed aspra luce che in dissenno
l’anima mi divora e poi rigetta?
Ed è sola difesa che consenti
di contro a quella luce che dispreda
eterno seme di assoluto, la Parola
imperturbata stella che mi attende 
l’anima nel silenzio se disfrena.



Segno di padre.
Segno di Padre o segno di ossessione
Non so qual è tua vera luce,
mio seme,parola che l’anima dispredi ed il mio grembo
sin da quando gettata da altro grembo
in tenebra e in dissenno
mi volsi a impervio cielo
che l’anima mi nega ed il mio grembo
finché non levi slancio a possedere
assenza e luce vera di sue stelle.



Io sono grembo.
Io sono grembo nel grembo più profondo
Nel baratro di un’anima che sperde
Se è splendore tradito splendore
Di erba e del mio cielo
Quando Ecate guardiana di sue belve
Mi abita dimora
E l’anima mi scava quel suo sguardo:
quello che resta al pasto di paura
pure mi ostino e non rinnego
perché ritorni infine a verde di erba
al suo cielo quell’anima che sperde.



Finché potrò.
Finché potrò sentire la tua voce,
anima del mondo che mi sperde,
sarà salvezza dissepolta luna
da nubi e sue macerie-
e levi infine a proteggermi quel cielo
che mi rigetta peggio di altri grembi
e levi l’erba in tutta la sua gloria
d’intenso verde
e levi l’acqua sanarmi dissetando-
e leverà,anima,ricorda
l’anima tua più vera
di luce eterna di sua voce chiara:
solo mi renda solo mi ritorni
ad ogni sua parola di speranza.



Notte.
Notte che persino al Fato
In aspro ti levi e nel comando
Nulla potrà quel tuo implacato nero
Se urla e batte
Di solo cibo al desiderio:
l’anima stuprare e quel mio grembo
non è mia luce,ascolta,
fragile raggio di luna che a te cede:
alta getta mia luce,notte,
alta,da luna ben diversa:
di seme luce che frutto del suo seme
infine riconosce,
di mia parola luce che in eterno
mia anima e mio grembo ti discerpa.



Se madre.
Se madre di mia disperazione
è l'implacata luce del mattino
è padre il grembo
scontro senza tregua né respiro
azzardo implacato che mi getta
a pretendere seme la mia luce
nel corpo ostinando nel dissenno
ma altro,altro di là da questo
impone Morte e chiede:
altra ricerca,altra parola e grembo:
di te, sottile filo d'erba
che a mio caldo resiste e non dissecca,
dove ti muovi vento
indisserrato Dio che si nasconde.


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Data di pubblicazione 27/10/2001
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