Strade. Sotto i miei piedi come mosaici.
Il destino cementato con il suo disegno.
Sotto i nostri piedi.
Navigare come avvolto.
Ogni tanto perdere il ritmo dei propri passi…
Il controllo.
Riconoscersi negli altri come immagini capovolte.
Sete antigravitazionale.
Smaterializzare l’ovvio
per giustificare la propria presenza
e mai capire veramente.
Cammino per le strade di questa metropoli che
inghiotte se stessa.
Una città che scivola nelle proprie oscure
voragini.
Divorata dai suoi anticorpi impazziti.
Cammino varcando soglie, invisibili agli abitanti
di questo posto.
E io straniero, spesso anche di me stesso, seguo
linee sui muri,
passaggi nella pazzia. Ondeggio nel pulsare umano.
Cerco il senso di questa immagine enorme che
spesso ha le sembianze di un errore.
Sento il fragore meccanico di questo organismo
disfunto,come pressione sottomarina. Profondità abbissale. Peso.
La città, l’umanità, il mondo, arriva
da ogni direzione verso di me, ma si ferma ad un centimetro da me. Attorno
a me.
Ne sento l’odore, l’angoscia, le speranze, il
dolore, l’illusione…
Cammino attraverso i sogni della gente. Attraverso
le loro storie tracciate su volti allegorici. Vite incollate su pezzi di
carta da mille lire. Destini vestiti di cenci. Robaccia.
Il traffico è più lento oggi. Cielo
coperto. Scuro. Pioggia fredda.
La pioggia addormenta facilmente una città
abituata a girare su piani aridi.
Deserti metropolitani in cui molti decidono di
trovare la propria oasi negli artifici.
Nel rifiuto. Ma è deserto nel deserto.
Non salva.
“Acqua del cielo d’inverno,
pulisci almeno per oggi questa città,
dalle sue ceneri di disintegrazione.
Riempi l’aria con la tua melodia liquida
e lacrima la disperazione di queste terre
di sonni senza riposo.”
Camminare nel silenzio malgrado le esplosioni.
Silenzio. Il mio passo è un sogno. Penso
a come dev’essere piacevole, sciogliersi nell’acqua piovana. Assorbito
da un’asfalto tiepido.
Scivolare nel ventre della città... |