Perso in Danimarca.
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45 giorni. Solo 45 giorni.
Dormivo dove il caso, l'abuso d'alcool o Dio
- se mai fosse esistito -
dettava la sua follia.
Notti alienate, psicopatiche,
ballando, sudando, bevendo,
fino a che i crampi percorrevano il corpo
come serpenti con allucinazioni alcoliche.
Ne sentivo il dolore
in una scintilla di lucidità.
Bevevo, ballavo,
ballavo, bevevo, sudavo,
fino a che venivo preso
dal vomito, dall'alba, dal portafoglio vuoto
da un angelo biondo dai grossi seni
e il vestito attillato.
Se gli angeli
fossero così nella Bibbia
il mondo sarebbe cattolico.
Bevevo, ballavo,
ballavo, bevevo, sudavo,
con i polmoni gonfi di nicotina,
con i muscoli delle spalle rigidi in
una contrazione di dolore.
Mille erezioni a vuoto,
letti divisi con sconosciute impregnate di alcool,
notti piovose, fredde, solitarie,
girando per le strade deserte,
mal di testa eterno,
nessun senso di colpa.
Conscio della propria scelta,
evasione che dura una vita.
Una fuga dal nulla, dal conformismo,
dalla gente
e un solo vero unico amico: Farzam.
Uno stupido viaggio nella Republica Ceca
Lei era lì,
di fronte .
Mi fissava attraverso perle blu.
Nessuna parola.
Solo quello sguardo,
quegli occhi tristi persi nel vuoto
che c'era tra noi.
Il freddo, la tristezza, il rimorso,
il rimpianto e il fumo di sigaretta
ci circondavano.
Le uniche cose
che avevamo in comune.
Mi penetrava da parte a parte
con lo sguardo.
Non capiva perché mi avesse invitato.
Forse in ricerca di un sogno,
un tentativo di rubare al tempo
ciò che era stato
e ora solo ricordi di fiele.
Ero con la solitudine,
l'incomprensione
e un bicchiere di whiskey tra le mani.
Lei mi fissava con sensi di colpa.
Io la guardavo con gli occhi lucidi e
l'anima rivoltata come un calzino bucato.
Pregai che avesse fine
perché non lo meritavo. |
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Un caldo incontro.
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Eravamo in tre e un balcone
su uno splendido panorama,
nascosto dalla notte puttana e avara.
Whiskey non occupava i nostri
bicchieri troppo a lungo.
Attraverso le vene, i capillari
raggiungeva le nostre anime,
o quello che era rimasto.
Tornammo a parlare, a sorridere,
a vivere, e poi ancora a bere, a parlare, a sorridere,
a vivere.
Tutto fino all'ultima goccia.
Eravamo in 3, abbracciati e saldati
da una eterna amicizia.
Loro erano in tre,
sorridenti, felici, ingenue.
Noi tre contro loro tre. Io contro di lei.
Un sorriso, un invito a ballare.
I corpi si sfiorarono,
le labbra si accarezzarono.
Timidi sorrisi e
i nostri cuori
batterono all'unisono.
Una passeggiata sul molo,
calde carezze,
mani che scivolarono via sotto la gonna,
come scoiattoli in amore che si
rincorrono su un ramo.
Poi baci umidi
e caldi,
come l'esperienza ha insegnato.
Credevo che fossi io
a condurre il gioco
e mi ritrovai intrappolato.
Dopo sei giorni
eravamo in tre e un balcone
su uno splendido panorama,
sempre nascosto dalla notte puttana e avara.
Due sorrisi
che guardavano alla luna
e il mio,
amaro e accennato
per la sua partenza,
nascosto da un bicchiere
di whiskey. |
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Ostello.
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Camminando per le strade buie del centro,
illuminate dalle candele fuori dalle finestre
che si riflettono sull'asfalto bagnato,
cerco la via per l'ostello.
Le strade sono deserte.
La città dorme
un sonno senza incubi e streghe.
Quelle fanno parte della realtà
di tutti i giorni.
Quattro mura stringono
e mi opprimono.
Buchi e sporcizia sulle pareti,
un lavandino sporco alla mia sinistra,
un letto che cigola
e si lamenta tutta la notte.
Non mi sopporta.
Il pigiama che puzza
degli umori di Cristine.
Tutto questo per
mantenermi vivo.
Scendo le scale.
Vado al reception desk.
Chiedo alla ragazza dall'altra parte
del banco se mi può vendere una sigaretta
dal suo pacchetto.
Mi risponde che vendono
pacchetti interi.
Anche questa è
la Danimarca. |
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Kranebet.
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Kranebet,
liquore secco della montagna,
a base di ginepro e radici alpine.
Mi dispiace
non ho trovato di meglio.
Quattro bicchieri a testa
e cancelleremo speranze
e malinconia.
La migliore
medicina.
Non ha controindicazioni
per l'anima.
Quaranta gradi sull'etichetta
e scenderemo giù in centro,
sfidando lo stronzo inverno danese
e il sorriso sul viso,
riflesso della nostra amicizia.
Balleremo fino all'alba,
alternando un passo
a qualche sorso di birra.
Kranebet
e la vita è più bella.
Kranebet
la vita è sempre quella.
Con uno sguardo,
frenato da folte sopracciglia
che depili una volta al mese,
mi indichi una ragazza che balla sola
al lato destro della pista.
Ti preoccupi sempre per me.
Stai male se non sorrido.
E' un riflesso dell'esistenza.
Ci avviciniamo,
stringendo la paura
nelle mani,
e torniamo con l'adrenalina
nelle vene.
Amiamo la vita.
La vita ci ama alle volte.
Di tanto in tanto si dimentica di noi,
ma noi ci amiamo.
E' questo che importa.
Il resto
è un contorno
di un piatto che mai mangeremo.
L'alba si avvicina,
labile confine tra il nostro essere
e quello che comincia.
Confondendoci tra la gente
che va a lavorare,
torniamo al collegio. |
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Non ne siamo più capaci.
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Giù,
per le strade del centro,
io, Ali, Farzam, Sonia e Maria
andiamo in stazione,
per comprare un pacchetto
di Prince Light.
Ci confondiamo con le tristezze.
Beviamo da codardi,
incapaci di reagire.
Ci nascondiamo
dietro
una maschera,
un bicchiere
riempito più volte.
Un albergo di lusso
una grande porta di vetro.
Entrerò solo per
pulirne i cessi.
Una puttana all'ingresso,
con una pelliccia di leopardo,
bionda come il leopardo,
mi guarda curiosa,
con il cellulare all'orecchio
e pensa:
Non mi fotterai mai nel culo.
E' un lusso che non puoi permetterti.
Ha ragione.
Le mando un bacio
e me ne vado.
La stazione
è piena di barboni,
ubriaconi,
emarginati,
disadattati,
drogati, calpestati
e poi noi,
non ancora classificati
dal conformismo.
Sonia,
un barbone ti tocca il culo,
mentre metto una corona,
nella bacheca dei trenini elettrici.
Oh, Guardate
come corrono felici!
Senza pensieri.
Una corona
e corrono felici.
Due litri di
vino bianco
e anche noi corriamo felici.
I treni corrono
più veloci,
sui binari dei pregiudizi,
arma letale
per lo spirito
e la spontaneità,
in questo secolo
di non vincitori.
Farzam,
a chi daremo
la corona di alloro, Eh?
A chi la daremo?
Alla puttana slava
con cui ho pianto
ieri notte?
Al barbone
che mi ha offerto
uno spinello?
A noi cinque?
Non c'è
molta scelta.
Teniamo
gloria e dolori.
La neve scende piano
e gela con la mano di morte.
Rompiamo
con i passi
la monotonia per le strade
di questa città
senza più lacrime. |
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Senza sigarette, forse sarebbe stato diverso.
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Una candela al centro del tavolo
illumina e rende trasparente
la birra nel bicchiere.
Un doppio malto dal colore
rosso rubino trattiene
i pensieri.
Pochi sorsi
e la voglia ritorna.
Ritorna sempre
alla fine di ogni sorso.
Questa volta altri bicchieri
non aiutano a dimenticare.
Lei è sempre lì.
Ad aspettare
che tu ceda e ne accenda un'altra.
Sono un debole.
Un vigliacco della peggiore
generazione.
Quella che si è venduta l'anima
per alcool e tabacco.
Una dopo l'altra,
un sorso dopo un altro,
un bicchiere dopo un altro
non la calmano.
La rinvigoriscono,
la nutrono,
la rendono forte,
e tu, sempre meno resistente,
cedi ad un nuovo compromesso,
ad una nuova bugia:
tanto da domani non fumo più.
È inutile.
È vano.
La mano trema nervosa
e le dita stringono
la prova della debolezza,
della colpevolezza,
che col capo rosso sgargiante
brucia quel poco di buon senso
che ti è rimasto.
Il sacco a pelo
tra le gambe
e ti chiedi dove
passerai la notte.
La risposta non è tra un tiro ed un altro.
Forse non lo sai.
Non sai nulla.
O forse lo sai e fingi di non sapere.
La verità non t'interessa più.
Una volta non era così.
Era diverso,
più bello.
Continua pure.
Fuma con calma fissando
il bicchiere che trattiene i pensieri.
Un sorso, un tiro,
un sorso, due tiri,
un sorso, tre tiri,
una lacrima.
Finisce così. |
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Il tuo nome.
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Mi piace pronunciare il tuo nome
quando mi alzo nel pomeriggio,
dopo una notte alcolica,
con la testa come un sasso,
imbottita di mille paure
che girano ubriache
e vagano
senza speranza.
Il corpo sudato, tremante,
i ricordi
infestano l'anima
e non la lasciano,
Pronuncio il tuo nome.
Sono stanco.
Ho la testa
in una morsa di dolore,
mentre la mano trema
quando ti scrivo.
Ti sento lontana,
infelice,
e allora pronuncio il tuo nome.
Voglio solo dirti,
nonostante i momenti terribili
trascorsi insieme,
gli stupidi e inutili discorsi
che hai sempre fatto,
tutto è stato meraviglioso.
E quelle due parole
di cui ho sempre avuto paura,
ora non le temo più:
Ti amo.
Girando in tondo.
Tutto gira, gira
e non si può fermare.
Due occhi rossi
fissano uno specchio
che riflette
uno spirito puro e perso.
Una mano sbronza
che non riesce
ad aprire il rubinetto,
mille pensieri,
girando in tondo,
mi lasciano solo.
Tutto gira in tondo,
ma finisce
sempre al punto di partenza.
Una pinta di birra
e riprendo il mio giro.
Giro in tondo,
con i miei pensieri,
con il mio sacco a pelo,
orgoglioso che nessuno
mi potrà mai fermare. |
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Primi pensieri.
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I raggi del sole
- mano violenta di Dio-
entrano dalla finestra
senza tende e
mi schiaffeggiano il viso.
Mi siedo
da animale ferito.
I postumi d'una sbronza
sono la prova che sono stato
battuto dalla vita.
Le spalle sul muro freddo e nudo
e quel corpo di donna
che mi volge la schiena.
Chi è?
Chissà se anche lei
ha lo stomaco che brucia
e l'alito pesante.
Cosa accade nel mondo
quando si è sbronzi?
Chissà se anche il resto
del mondo si pone le stesse
domande, a terra di primo mattino?
In quanti saranno
a chiederselo?
Bevo un bicchiere di vino
e me ne torno a dormire. |
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Un'anima in pena.
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Circondato dai problemi,
dalla comunità araba,
dai genitori,
da una moglie gelosa e cornuta,
dalla disoccupazione,
da un'amante polacca suicida.
Non riesci proprio ad uscirne.
Sei circondato.
Tiri il tabacco
al sapore di fragola andato a male
e con gli occhi persi nel fumo
cerchi una soluzione
a tutto.
Non la trovi. Non c'è.
Circondato dai problemi
e dai pensieri.
Solo dai pensieri
puoi fuggire.
Bevi
fino a che l'ultima
goccia copre
con un guanto d'illusione
l'ultima paura
e sorridi felice. |
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Plip, plop.
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La notte è lunga,
buia e interminabile
come la goccia
che cade dal rubinetto della cucina.
Plip, plop, plip, plop, plip, plop, plip, plop.
Il tempo è stanco
e questa notte
ha deciso di riposare.
Plip, plop, plip, plop, plip, plop, plip, plop.
Devo trovare un modo per fermare
i pensieri nella Testa.
Niente alcool. Niente vino.
Solo maledetti ricordi
che passano davanti
come flash schizzati.
Plip, plop, plip, plop, plip, plop, plip, plop.
Penombra attorno.
Nudo nel letto
i pensieri mi torturano.
Alimentano l'insicurezza,
e la goccia continua:
Plip, plop, plip, plop, plip, plop, plip, plop.
I pensieri seguono il suo ritmo
nella testa.
Le mani sudate,
la gola secca
e lei incessante:
Plip, plop, plip, plop, plip, plop, plip, plop. |
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Desarpacida.
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Guardo dentro
e non trovo nulla.
Solo un po' di cenere
e qualche bottiglia vuota.
Una volta c'era la gioia
ora nemmeno una sua impronta. |
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Solo un sogno.
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Steso,
guardo il soffitto.
Cerco di sistemare
i pezzi del puzzle
sparsi dietro.
Ogni singolo attimo,
ogni carezza, ogni capriccio,
ogni orgasmo.
Mi guardo attorno
e vedo gli oggetti di sempre,
tutti nel loro ordine irrazionale,
come se mi fossi
svegliato all'improvviso
da un sogno.
Ho l'amaro in bocca.
Ti ho amata e ti amo
più che mai.
Mi sforzo ma non ci credo
che sia veramente successo.
Forse è stato solo
uno stupido sogno. |
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Non lo fare.
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La ragione lascia dietro di sé
solo un ricordo,
un'impronta sulla sabbia cancellata dalla marea,
un sussurro d'amore che presto sarà dimenticato.
E' inutile che bussi
alla porta della mia camera,
in preda ad una crisi isterica.
Non ho soluzioni.
Se le avessi, le avrei usate per me.
E' inutile che piangi
lontano dalla tua città natale,
solo,
straniero in terra straniera.
Zitto, bevi e scopa
perché il momento del riscatto
è vicino.
Prendi il sussidio del
governo e offrimi da bere.
Brinderemo insieme alle nostre sfortune.
Bevendo,
scioglieremo i nostri pensieri
e ci vorremo più bene.
Un bene che solo pochi hanno provato.
Liberi dal tempo,
dalla pace,
dall'eiaculazioni precoci
che generano fantasmi nella gioventù perduta,
noi ci amiamo.
Nessuno potrà cancellare
quello che abbiamo
fatto in questi anni.
Lo abbiamo scritto dentro
e lo porteremo fino alla fine.
Siamo due anime
che si sono incontrate
in questo paradiso falso e stanco.
Non dimenticarmi. |
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Corri forte, in barba alla morte.
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Corriamo forte,
ma non riusciamo a sfuggirle.
Attaccato al telefono,
quattro kr. al minuto con la Repubblica Ceca,
per salvare quel poco
di vita che è rimasta,
mi chiami dalla cucina
per ricordarmi che la pizza è pronta.
Non so chi dei due è più folle.
Nessuno lo capirebbe.
Abbracci una donna
che non ami,
ospiti e sfami,
e ti chiedi perché ami Marketa.
Non ho una risposta
abbastanza convincente.
Il vino cade
dalla bottiglia colpita dal mio avambraccio,
e tu ridi.
Ali mette le mani addosso
la tua donna
e tu ridi.
Luigi si sposa
e tu ridi.
Emanuele mette la testa a posto
e ridiamo insieme.
Il sangue
scrive il suo nome
sulle mie mutande,
nessuno ride.
Per fortuna
era solo un brufolo.
Evviva la follia |
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W. Christine.
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Sono stato cattivo con Christine.
Non avevo un posto dove dormire.
Un commissario di trentanove in Spagna,
un ingegnere danese, ricco di trentadue,
hai scelto Giorgio,
italiano di ventitre.
E' stata la tua rovina.
Il culo molle che ti cadeva,
i bei seni sodi.
Mi dicevi che ti piaceva il mio corpo.
Poi mi rassicuravi
dicendo che ti piaceva anche
quello che di folle girava nella testa.
Lo trovavi forte
e pieno di carattere.
E' stata la tua rovina.
Mi abbracciavi forte
quando sentivi che venivo.
Poi venivi anche tu.
Dicevi che ti piaceva venire con me.
Ti ricordi quando accarezzavi i miei peli ricci sul petto,
ed io ti massaggiavo dentro.
Trattenevi il piacere.
Frenandolo in gola,
ma inutilmente.
Lo sentivo
e mi eccitava.
Tu pensavi a Enrique lo Spagnolo,
io a Marketa la Ceca,
e poi scopavamo.
L'ultima notte
mi chiedesti se sarei tornato.
Risposi di sì.
Era vero,
ma non so quando.
La campana suona.
La campana della chiesa protestante
suona alle sette del mattino,
e tu bestemmi
in Iraniano.
Ti ascolto
dal divano sfondato,
e non capisco una parola,
ma sono d'accordo con te.
Le tette
appena coperte da un Body azzurro,
sbattute a destra e a sinistra,
mi chiamavano.
Risposi,
ma ero la persona sbagliata.
La campana della chiesa protestante
suona
e siamo appena rientrati.
Una notte al Crazy Daisy,
pieni d'alcool,
una spaghettata al tonno e peperoncino.
Occupiamo i nostri giacigli.
Tu il tuo letto,
io il tuo divano sfondato.
E la campana della chiesa protestante
suona fottendosene
degli stronzi ubriachi che vogliono dormire. |
Ottusità.
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Poche parole
per dire la tua.
Nessuno capisce.
Si lasciano trasportare
come tronchi in un fiume.
Navigano senza sapere dove.
Inutili.
Un bicchiere
si riempie di continuo
E' la verità più bella.
Una cortina d'illusione,
conforto dei deboli,
e sparisce al mattino
come la nebbia ai
primi raggi di sole,
e noi
siamo ancora
troppo vivi
per essere spenti.
La testa batte,
il cuore trema,
l'alluce sporco
di tartaro
mi fissa con disprezzo.
I peli escono dalla maglia
in doppio cotone.
L'importante
è essere vivi,
lasciando la legna bruciare. |
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