L'IDIOTA, di
F.Dostoevskij
Regia di Gigi Dall’Aglio
Traduzione ed adattamento di Angelo
Dellagiacoma.
La Compagnia degli Ipocriti di
Napoli è composta da bravi attori. C’è anche un eccellente
pianista che suona al centro del palcoscenico (Andrea Bianchi) per tutto
lo spettacolo che dura quasi tre ore e mezza. Ottime le musiche di Fabrizio
Romano che cambiano al mutare degli stati d’animo dei protagonisti, ma
spesso eccessive, nel senso che a volte disturbano la comprensione dei
fitti e intensi dialoghi.
Scarpati incarna con maestria
un personaggio che sembra ritagliato sulla sua immagine di buono e tenero,
moralmente solido e cioè il principe Myskin, erede d’una grande
famiglia decaduta. Eroe utopistico, sognatore, generoso, nobile tutto proteso
verso un ideale di bontà, di verità, in lotta contro l’ipocrisia,
la meschinità, la mancanza di valori, la superficialità che
lo circonda.
Dev’essere stato assai difficile
adattare per il palcoscenico una così imponente materia letteraria,
un’operazione abile di taglio e ricucitura per ridurre un testo di 800
pagine, (Dostoevskij finì di scrivere il romanzo nel 1869), senza
però stravolgere i contenuti e i passaggi principali: un lavoro
complesso che al drammaturgo Dellagiacoma è riuscito abbastanza
bene. La regia di Dall’Aglio è ben salda anche se lo spettacolo,
nel suo insieme, appare un po’ formale e legnoso ed alcuni dialoghi eccessivamente
lunghi. Dominano i colori scuri, unica nota di colore il rosso del vestito
della bella e perduta Natasja.
maggio 2000
Alex
Brando
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GRAZIE FLAVIO
TOGNI!
Il 26 dicembre, giorno di Santo
Stefano, è bello organizzarsi per trascorrere un po’
di tempo con i propri figli, senza obblighi di compiti o palestre da ottemperare
e, quando a Roma poi arriva il Circo Americano, la
meta diventa quasi un obbligo. Ricordo quando ero piccola la grande
emozione che provavo all'idea dell'arrivo del Circo Americano che era a
Roma ogni 5 anni in via Cristoforo Colombo; aspettavo trepidante per poter
vedere i trapezisti, tutti quegli abiti scintillanti di lustrini, le piume,
gli acrobati, gli amati clowns, le tigri, i leoni, tutto il mondo magico
del circo insomma. Beh, ieri al circo Americano ho dovuto scongiurare i
miei figli per riuscire a rimanere fino alla fine tanto era brutto lo spettacolo.
Che ne è della magia del circo, dei numeri che ormai girano il mondo
sempre più raffinati e nella
scenografia e nella ricerca del
sensazionale. Ho trovato invece un circo dozzinale, dove trionfava il caos,
dove Flavio Togni ci ha "regalato" tanti, troppi numeri
con i cavalli, poveri animali costretti a girare in tondo per uno zuccherino.
Non sono mai stata animalista, non indosso la pelliccia è vero,
ma fino a ieri non avevo mai provato vero fastidio nel vedere animali ammaestrati
dall'uomo per il proprio divertire. Ieri ho provato anche questo, soprattutto
quando Flavio Togni si è esibito nel numero con le tigri, maestosi
animali costretti a rotolarsi allo
schioccar di frusta del domatore,
un numero penoso e per le tigri e per noi spettatori. Al termine del numero
con le fiere che dovrebbe essere insieme ai trapezisti il numero principe
dello spettacolo i miei bambini mi hanno guardato chiedendomi: "tutto qui?".
Non è stato male il numero dei trapezisti con l'elastico perché
grazie ad un gioco di luci sembravano delle farfalle che si libravano nel
buio. Ma anche lì si denotava una povertà nell'esecuzione
del numero. Per non parlare dei clowns. Questi giocherelloni, in effetti,
non mi sono mai piaciuti moltissimo, ma i numeri di ieri sera, tranne uno
nel quale il clown coinvolgeva alcuni spettatori, erano penosi.
E' come se ci fosse una mancanza di idee di fondo, di idee per nuovi numeri.
E' vero che con tutti gli spettacoli
circensi che trasmettono in televisione probabilmente ci siamo abituati
a numeri fantastici e sempre nuovi e coinvolgenti, ma non è questo
il mio caso perché in televisione non lo guardo; il circo a mio
avviso va vissuto, va visto da vicino per apprezzarlo veramente. E poi,
ieri sono andata a vedere il CIRCO AMERICANO, non uno dei piccoli circhi
che si esibiscono nei quartieri di periferia, e che devo dire hanno numeri
talvolta molto belli; lì uno sa cosa aspettarsi, ma quando si va
al Circo Americano si cerca qualcosa di più. La cosa che più
mi ha disturbato è stato il caos in pista, soprattutto quando è
stato il momento del numero dei cavalli che si muovevano in mezzo a gitani
che ballavano, o almeno così credevano. Non ho mai visto una coreografia
più sciatta e caotica, un numero davvero molto brutto.
Grazie Flavio Togni, mi hai convinto! Al Circo
non andrò mai più!
27 dicembre 2000
Domitilla
Baldoni
Regista
teatrale
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