Raccolta poesie di:

Maurizio MattioliBiografia


Indice della raccolta:


Oltre le montagne. Eppur di te si parla. Clown.
Un grillo... cantava. Qualcosa di antico mi abbaglia. Autunno.




 

Oltre le montagne.

Ne ho fatta di strada,
ne ho percorsi di sentieri,
ho pianto, ho gioito,
mille volte mi sono soffermato
a dialogare con
le stelle e la luna.
Mille volte,
ho perso e ritrovato me stesso
ma mai, il mio sguardo
ha oltrepassato
le montagne della vita.

Solo ora,
quando guardo nei tuoi occhi,
quando sorrido insieme a te,
quando diventiamo una sola cosa,
solo ora,
il mio sguardo
va oltre le montagne.

E con te,
viaggia il mio esistere.

(dedicata a mia figlia Beatrice.)



 


Eppur di te si parla.

Ho provato infinite volte
a guardarti negli occhi.
Ho seguito con lo sguardo
il fare degli operatori di pace :
i loro successi,
le loro sconfitte.
E le mie lacrime
sono diventate tutt’uno con le tue,
e le mie parole, all’unisono con te.
Attraverso te,
seguo un sentiero che mi porta lontano,
mi carico il sacco sulle spalle
e, come un vagabondo che cerca la luce,
comincio e ricomincio ogni volta
il mio cammino.
Ti amo, amo il tuo sentiero
nonostante a volte sia irto di spine;
graffierò il mio corpo,
lascerò brandelli di carne sui roghi
ma ti seguirò per sempre.
Eppur di te si parla,
nonostante le speranze e le illusioni,
nonostante i tuoi mille giochi di luce.
E, con la speranza
in una luce che non si spegnerà mai,
continuo a tendere la mia mano
verso di te.
Per sempre.
(dedicata alla pace.)


 


Clown.

Due righi solcavano quella antica faccia,
quel vecchio viso,
e lui, lì
piangeva,
esternava quel dolore privato
che solo al buio esisteva.

E la gente rideva, rideva,
e lui piangeva, piangeva ;
camminava e la gente rideva,
parlava e la gente rideva,
sorrideva e la gente ammutoliva ;
lui non poteva sorridere,
lui poteva solo piangere ;
e la gente rideva...

Ma ora, solo, nel buio,
lui piangeva,
esternava il suo dolore,
i muri erano il suo pubblico e loro non ridevano,
erano gli unici che capivano e non ridevano di lui.

Lì, nel buio,
lui piange, ride,
povero clown...



 


Un grillo... cantava.

Un grillo che cantava nel prato
la sua completa felicità,
la sua libertà,
la gioia di essere.

Un passo d’uomo
lentamente si avvicina,
il terreno trema,
la vita si turba.

Un forte dolore
rompe la sua felicità,
elimina la sua libertà,
uccide la sua voglia di essere.

Ed ora non è più,
è soltanto una massa informe,
una piccola goccia
del sangue di cui trabocca il mondo.

Il passo d’uomo s’allontana,
non sa di aver fermato una vita,
non si accorge di aver ucciso.
Ma intanto il grillo,
non canta più.



 


Qualcosa di antico mi abbaglia.

Qualcosa di antico mi abbaglia,
acceca per un momento i miei occhi
e il mio corpo comincia a girare,
cercando un fuoco antico
che ormai è spento da sempre.

Eppure, in quella grande luce,
una luce più grande e vera,
si fa strada.

E’ un rimasuglio dell’antico fuoco
che mi dice: credi ancora in me.
Ed ecco, mi getto violentemente in lui,
ed ecco che qualcosa di antico mi abbaglia,
qualcosa in cui credo ancora,
qualcosa che è ancora in me
ed in quelli come me.

E quella luce rivivrà
e, adesso so,
che non si è mai spenta.



 


Autunno.

E’ come scendere su una foglia secca
che va giù, sempre più giù
verso la madre terra
e raggiunge le altre vite morte,
che danno vita a nuove esistenze.
Sentire il fresco alito del vento
che ispira la mia libera poesia.
E guardando verso l’alto,
vedo il verde della nuova vita
e, con le mie ali da farfalla,
salgo su
e aspetto il prossimo autunno.


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Data di pubblicazione 15/05/99
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