Senza accorgermene, ho attraversato la
soglia che divide due mondi. Come potrei descrivere questo luogo? Ricorda
in modo impressionante, struggente, quello da cui provengo. Strade in cui
errare e piazze da attraversare, negozi, edifici pubblici, giardini. Case,
palazzi. Angoli noti, specchi della memoria e delle abitudini. Il bar dove
si consumano i riti del caffè e dell’aperitivo, la pizzeria dove
ti aspettano il piatto caldo e il mezzo bianco. Persino qualcosa che assomiglia
al mio luogo di lavoro. Uno spazio che assomiglia alla mia casa.
Voci che sembrano note, amiche. Ogni cosa pare avere i contorni della piccola
città che ho lasciato. Perché dunque mi sento straniero,
randagio? Perché non trovo una meta a cui approdare? Semplicemente,
perché questo mondo è buio. Avverti l’aroma del caffè
rinfrancarti per un istante, l’arrabbiata bruciarti il palato e il bianco
riscaldarti e farti girare la testa. Ascolti gli altri parlare. Li senti
passarti accanto. Ma non vedi nulla. Procedi nella tenebra, a tentoni.
Come potrei descrivere questo luogo? Paura, angoscia, tormento? Semplicemente,
Buio. Il giardino è sempre là, con il fango e la neve non
rimossa. Sono al loro posto i lampioni e i cassonetti della spazzatura.
La televisione funziona. Funzionano i telefoni. Gli autobus e i treni.
Le auto. I vigili urbani. La vita scorre. Ma al buio. Nel buio. È
un mondo strano che non mi aspettavo di trovare. E sconvolge i luoghi comuni.
Dicono che la mancanza della vista acutizzi gli altri sensi. Io li sto
perdendo uno ad uno. Lentamente ma senza tregua si affievoliscono. Passando
i giorni, non distinguo più suoni e voci, i profumi languono, si
spegne il gusto, il tatto si intorpidisce. Ho chiesto per celia ad uno
degli abitanti di questo posto se sia l’inferno. Ha riso. Col freddo
che fa ? È vero. Fa freddo. Non potrebbe essere diversamente. Al
diavolo gli scrittori di fantascienza con i loro affascinanti, stupidi
racconti sulle dimensioni parallele! E dire che il mondo da cui provengo
era pieno di luce. Anche di notte. Le luci delle mie strade e delle mie
piazze, dei miei giardini, delle vetrine, quelle del bar e della pizzeria.
Le luci del Natale. Potevi sottrarti alla luce ma non riuscivi a sfuggirle.
Nell’angolo più remoto, bastava alzare gli occhi per essere
rapiti dalle stelle. Migliaia di fuochi che ardevano in un mare profondo
e sterminato. Là, si i sensi si acuivano. Sentivi mescolarsi al
profumo del caffè il profumo del cielo. Il profumo della vita. E
quando ne avevi paura, ti conducevano al ristoro le luci del porto. Le
luci della mia casa. Mi pare ancora incredibile il fatto che tutto quel
mondo fosse racchiuso in due occhi. Quando lei si è voltata e se
ne è andata, ho attraversato la soglia. |